Kiatto, "postato" il 23/07/17 alle 15:19:37

Che razza di razze

Nel questionario da compilare periodicamente per l'Ufficio del censimento i cittadini statunitensi devono indicare la razza di appartenenza dei soggetti censiti. Sul relativo sito web, consapevoli, evidentemente, della pochezza scientifica del concetto di razza umana, viene, non a caso, fatta la seguente precisazione:
"The racial categories included in the census questionnaire generally reflect a social definition of race recognized in this country and not an attempt to define race biologically, anthropologically, or genetically".
Una definizione sociale, dunque, di per se molto discutibile e contraddittoria per la quale, non a caso, si fa riferimento, in particolare, alle categorie di bianco e nero/negro residuo di quei tentativi pseudoscientifici di classificazione tassonomica della specie umana effettuati negli ultimi secoli.
Eppure il termine "razza", già di per se, è scientificamente inadeguato per i fini con i quali è stato utilizzato in riferimento alla specie umana in quanto si tratta di un termine proprio della zootecnia che sta a indicare un gruppo di animali appartenenti alla stessa specie che sono stati selezionati in modo da possedere determinate caratteristiche proprie.
Allo scopo di suddividere la specie umana in gruppi biologicamente distinti sarebbe forse più corretto utilizzare il concetto di sottospecie tentativo che però sarebbe comunque vano dato che non esistono dei confini biologici inequivocabili che separino le popolazioni umane.
Storicamente sono state in auge delle classificazioni basate su caratteristiche molto superficiali ed evidenti come il colore della pelle. In quest'ultimo caso si tratta però di un semplice adattamento delle popolazioni all'ambiente: in seguito a una migrazione in pochi secoli, la pigmentazione della pelle di un gruppo umano determina un imbrunimento della pelle nel caso di una maggiore esposizione ai raggi UV (fornendo una maggiore protezione) oppure, in caso contrario, uno schiarimento (consentendo la penetrazione almeno di una piccola porzione di luce ultravioletta sottopelle per produrre vitamina D per coloro che vivono in luoghi poco soleggiati).
Gruppi umani geneticamente molto diversi tra di loro possono, pertanto, condividere la stessa pigmentazione della pelle e d'altra parte due gruppi umani geneticamente affini possono, invece, essere caratterizzati da un colore della pelle nettamente differente. A parità di geni, poi, il colore della pelle cambia anche notevolmente a seconda delle abitudini dell'individuo. In Europa, ad es., l'abbronzatura è sinonimo di bellezza mentre in estremo Oriente vale esattamente il contrario. Misurare il reale livello medio di pigmentazione di una popolazione è dunque quantomeno problematico. Ma se il colore della pelle non è un parametro adatto a definire gruppi umani geneticamente affini lo stesso vale anche per le altre caratteristiche utilizzate storicamente come l'indice cefalico. Le categorie razziali tuttora in voga sono dunque completamente arbitrarie e fondate tentativi di classificazione scientifica assolutamente grossolani oltre che riflettere un punto di vista prettamente eurocentrico. La verità è che la specie umana presenta si un discreto livello di variabilità genetica frutto della sua espansione in ambienti geografici estremamente eterogenei e del temporaneo isolamento (soprattutto in periodi preistorici) di alcune popolazioni ma la suddivisione della stessa in gruppi rigidamente distinti è un esercizio inutile e senza possibilità di successo da un punto di vista scientifico che riflette più che altro il desiderio da parte del classificatore di separare in gruppi le popolazioni umane per esigenze extrascientifiche.


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